Sulla frana di Civitacampomarano manca un serio approccio scientifico alla materia

La frana nel centro abitato di Civitacampomarano NON è stata la classica frana che risiede nell’immaginario collettivo, cioè una colata di masse argillose in movimento lento e plastico, a Civita nel 2017 si è movimentato per diverse centinaia di migliaia di metri cubi e in zona storicamente non pregiudicata, un’enorme massa di arenaria, altrimenti definibile come roccia sabbiosa debolmente cementata, su cui da secoli e secoli sorge l’aggregato urbano.
A due anni dal fenomeno frana, sottolinea l’ing. Raffaele Giannone Pepe, non è disponibile alcun approccio scientifico, alcuno studio compiuto, alcun documento d’analisi, ovvero quello che in termini sanitari chiameremmo anamnesi, serie di analisi cliniche, di diagnosi e infine di possibili terapie.
Si assiste invece al blaterare scomposto, al ridicolo “burocratese”, alla confusione colposa fra Delibere del Presidente del Consiglio per un primo e parziale contributo al patrimonio abitativo privato a livello nazionale e le perduranti inerzie regionali non solo sulla programmazione e condivisione dei macro-interventi di recupero (cd. piano “Proteggi Italia” per oltre 10 miliardi di euro), ma finanche sull’uso dei suddetti contributi statali “sterilizzati” in nome di un’asserita e mai dimostrata “delocalizzazione” di massa per i cittadini .di Civitacampomarano.

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